Veratrum Album Linneo.

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Veratrum Album

Nome italiano:

Veratro comune, veladro, elabro, elleboro bianco, giglio verde.

Famiglia: Liliaceae.

Etimologia.

Dal latino vere atrum, veramente nero, perché il rizoma delle piante di questo genere è molto scuro, addirittura nero. Dal latino album, per il colore chiaro dei fiori.


Descrizione.

Pianta erbacea perenne, con rizoma corto e carnoso.
Ha fusto semplice, eretto, cilindrico, cavo internamente, alto fino a un metro e mezzo. LE foglie sono alterne, grandi, ovali o ellittiche (più strette le superiori), intere, a nervature parallele (lungo cui sono pieghettate), di sotto tomentose.
I fiori, numerosi, generalmente giallo-verdastri e dall'odore poco gradevole, sono raccolti in un'ampia pannocchia terminale.
Il frutto è una capsula.

Fioritura.

Giugno agosto.

Habitat.

Prati umidi, pascoli, radure. Pianta nitrofila.
Comune sul territorio. Specie eurasiatica.

Parti velenose.

Tutta la pianta, in particolare il rizoma.

Principi attivi.

Diversi alcaloidi molto tossici: protoveratrina, protoveratridina, germerina, jervina, pseudojervina, rubijervina, un glucoside, acido chelidonico e resine.

Impiego terapeutico.

Deve essere escluso dall'uso familiare. Un tempo era utilizzato come emetico, violento purgante, ipotensivo, ma per l'elevata tossicità è caduto in disuso.
Infatti, anche a piccole dosi, deprime l'attività cardiaca e i centri bulbari.
Pure esternamente è stato abbandonato l'impiego come vescicante e analgesico nei dolori da gotta e da reumatismo, oppure contro pidocchie scabbia. Attualmente il suo uso è limitato a trattamenti omeopatici.


Intossicazione.

Dapprima eccita e poi paralizza il sistema nervoso.
I sintomi si manifestano con bruciore alla bocca e alla gola, difficoltà di deglutizione e di respirazione, abbondante salivazione, vomito, diarrea, vertigini coliche, nausea, cefalea, mancanza di forze. Nei casi più gravi rallentamento del polso, che si fa sempre più debole, ed infine paralisi respiratoria. La morte sopraggiunge, di norma, entro le dodici ore.

Curiosità

La pianta è conosciuta fin dall'antichità, ma già nel Medioevo l'uso era limitato assai a causa della sua pericolosità. Il succo del rizoma, anticamente, era adoperato per avvelenare le frecce.

Attenzione

Ancora oggi si verificano gravi inconvenienti dovuti alla raccolta per errore del rizoma del veratro al posto della radice ingrossata della genziana maggiore (Gentiana Lutea ovvero Gentiana symphyandra), che è ricercata per i suoi principi amari.
Dal momento che la raccolta avviene nel periodo di riposo vegetativo (da ottobre a marzo-aprile), quando i fusti sono secchi, e poiché genziana e veratro possono crescere nello stesso ambiente, è necessario essere assai prudenti. Tuttavia risulta facile distinguere l'una dall'altro osservando la disposizione delle foglie secche sul fusto: quelle del veratro sono alterne (ovvero sono disposte ciascuna a livelli differenti rispetto alle altre), mentre quelle della genziana sono opposte (cioè sonon inserite sul fusto a due a due, allo stesso livello, l'una di fronte all'altra).

Note.

È una pianta da evitare assolutamente, per la sua tossicità e per la difficoltà di dosaggio.

Bibliografia:
Antonino Danelutto Piante Velenose dell'Alto Friuli, ed. La Chiusa.

Linx:

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